
Uomini della polizia (foto Ansa/Sir) e, nel tondo, Oliviero Forti, servizio Advocacy di Caritas Italiana
Il «decreto flussi», recentemente approvato al Senato, rappresenta un’ulteriore occasione mancata per l’Italia di affrontare in modo efficace le politiche migratorie. Secondo Oliviero Forti di Caritas Italiana, il decreto non risolve il problema dell’irregolarità, causato dal sistema della chiamata nominativa. Questo meccanismo consente l’ingresso di lavoratori stranieri con la promessa di contratti inesistenti, rendendoli inevitabilmente irregolari.
Caritas Italiana ha ribadito la necessità di superare la legge Bossi-Fini e di avviare una regolarizzazione per chi è già presente nel Paese, piuttosto che limitarsi a modifiche superficiali che non risolvono il problema strutturale.
Il decreto introduce alcune novità procedurali e un aumento delle quote per i lavoratori stranieri, ma include anche norme estranee alla programmazione degli ingressi lavorativi. Tra queste, il trasferimento della competenza sui trattenimenti dai tribunali civili alle Corti d’Appello, il requisito di due anni di soggiorno in Italia per i ricongiungimenti familiari e il controllo degli smartphone dei migranti in mancanza di documenti. Inoltre, vengono previste nuove sanzioni per le Ong che effettuano salvataggi in mare.
Queste disposizioni sembrano riflettere più una logica di contrasto alle Ong e di confronto con la magistratura che una visione riformista per migliorare il sistema di gestione degli ingressi lavorativi. Per Forti, è una «costante e incomprensibile priorità» di questo governo, che ignora le vere esigenze dei migranti e delle imprese italiane.
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