Fine vita, oltre il dibattito per riflettere sulla vera libertà Oltre un discorso ideologico, l’importanza della dignità della persona, dell’accompagnamento nella sofferenza e della speranza cristiana

Il commento, apparso sul Kalaritana Avvenire del 2 marzo, da parte del vescovo di Ozieri e delegato Ces per la famiglia e vita Corrado Melis sul tema del fine vita.


I temi del fine vita, e delle scelte come il suicidio assistito o l’eutanasia, sono una delle questioni più delicate e complesse del nostro tempo, e spesso genera divisioni accese. Una prospettiva cristiana ci invita a riflettere oltre i conflitti ideologici, ponendo al centro il valore della persona e il senso profondo della vita. In primo luogo, il dibattito rischia di ridursi a uno scontro tra opposte visioni, tra chi vede nella possibilità di scegliere la morte un diritto assoluto e chi invece vi si oppone con fermezza. Questo approccio, però, allontana il cuore del problema: le persone.

Un dolore inascoltato

Dietro ogni richiesta di eutanasia o suicidio assistito ci sono storie di sofferenza, di solitudine, di dolore non ascoltato. È qui che siamo chiamati a fermarci e a guardare con gli occhi della compassione e del Vangelo. La fede cristiana ci insegna che ogni vita è preziosa, indipendentemente dalle sue condizioni. Anche quando il corpo si indebolisce, anche quando la malattia o la disabilità ci fanno sentire un peso, il nostro valore non diminuisce. Siamo amati da Dio, creati a sua immagine, e questo basta a dare dignità a ogni esistenza. Tuttavia, riconoscere questa dignità non significa ignorare la sofferenza. Al contrario, la Chiesa ci insegna a prendercene cura, alleviando il dolore e accompagnando con amore chi vive momenti di fragilità. Le cure palliative rappresentano una risposta profondamente cristiana a queste situazioni. Esse non solo mirano a controllare il dolore fisico, ma si prendono cura della persona nel suo insieme: corpo, mente e spirito. È proprio questa visione integrale dell’essere umano che richiama l’importanza di una relazione autentica tra chi soffre e chi si prende cura della persona sofferente. Un altro punto fondamentale è il rischio di una visione riduttiva della libertà.

Quali le vere libertà

Parlare di «diritto a morire» come espressione di autodeterminazione rischia di ignorare che spesso tali richieste nascono da un grido d’aiuto. Molte persone, in realtà, chiedono di morire perché si sentono sole, perché il loro dolore non viene ascoltato o perché temono di essere un peso per gli altri. La vera libertà, invece, non sta nell’eliminare la sofferenza a tutti i costi, ma nel trovare un senso anche dentro di essa, nella consapevolezza che ogni momento della vita, anche il più fragile, può essere vissuto con pienezza. Infine, la prospettiva cristiana ci invita a riscoprire il significato profondo del vivere e del morire. Per chi crede, la morte non è mai la fine, ma un passaggio verso la vita eterna. Questa speranza non elimina il dolore della malattia o del distacco, ma lo trasforma. Ci chiama ad accompagnare chi soffre con amore, a non lasciarlo solo e a valorizzare la sua esistenza.

Corrado Melis – Vescovo di Ozieri e delegato Ces per la famiglia e vita

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