Siria, tra la caduta di Assad e un futuro incerto Meloni: "La speranza è che sia il popolo siriano a scegliere il proprio futuro"

Tanti dubbi, poche certezze. Cade un oppressore, si apre però un vuoto da riempire davanti agli occhi di una Siria che cerca di immaginare il proprio futuro. Un futuro in cui in tanti vogliono avere voce. Iran, Israele, Russia, Stati Uniti, Turchia, monarchie del Golfo solo per citarne alcuni. Attori che guardano con attenzione a Damasco e continuano a tessere fili per far imboccare alla Siria una direzione più compiacente ai propri interessi.

Futuro

L’immagine del mondo come una grande scacchiera sembrava essere un paragone da poter accantonare nel passato. Presto il pensiero si è rivelato una utopia, soprattutto in angoli del pianeta su cui spesso l’attenzione è vittima degli alti e bassi delle opinioni pubbliche. Forse per questo, all’alba della caduta della dinastia degli Assad e della fuga di Bashar Assad in Russia, è apparsa strana a tanti la gioia espressa del popolo siriano di fronte all’incognita rappresentata da Hayat Tahrir al Sham, formazione un tempo legata ad al-Qaeda che in undici giorni è arrivata alla capitale e oggi cerca di attestarsi come interlocutore affidabile. ““Noi occidentali tendiamo anche a sminuire certi fenomeni – ha affermato il giornalista esperto di politica internazionale Matteo Meloni ai microfoni di Radio Kalaritana – Quello a cui abbiamo assistito è un evento di una portata storica impressionante. La felicità del popolo siriano per la caduta di Assad, umanamente comprensibile, porta a un nuovo tipo di ragionamento rispetto a quello che potrebbe succedere nel Paese, ma i timori per quello che sarà il vero volto di Al Jolani, salafita e gihadista, sono concreti. Vedremo se effettivamente ci saranno positività col ritorno degli esuli siriani”. Sono oltre sei milioni i siriani che avevano lasciato le proprie case durante la guerra civile iniziata nel 2011. Una grande comunità che potrebbe tornare a contribuire a un processo di ripresa che sarà lungo e ricco di sfide, a partire da quella della creazione di un regime politico stabile. “Ciò che osserviamo è una sfida a quello che sarà il futuro della Siria – prosegue Meloni – La speranza è che sia proprio il popolo siriano a scegliere il proprio futuro. Tuttavia, vista la presenza nel Paese di altre potenze, sarà complicato capire lo schema che governerà la Siria nei prossimi mesi e anni”.

Attori

Servirà anche capire quali saranno le trasformazioni di uno scenario internazionale in continua evoluzione, ancor di più in un’area dell’Asia Occidentale dove la sempre più spiccata assertività di Israele a seguito degli attentati del 7 ottobre 2023, il dramma di Gaza e l’instabilità del Libano hanno messo alla prova le popolazioni civili e gli equilibri tra le potenze. Anche se un primo bilancio tra sconfitti e vinti potrebbe già intravedersi. “Russia e Iran sono i grandi sconfitti di questa vicenda – spiega Meloni – L’Iran è ormai un Paese in grossa difficoltà sotto molti punti di vista, compreso quello interno. Tuttavia, in questo momento vediamo una sorta di Scrumble for Siria, riprendendo quello che fu fatto dell’Africa dalle potenze colonialiste che si spartirono a piacimento i territori del continente”.  Uno scenario in cui è soprattutto la Turchia ad apparire davanti a tutti nella corsa. “La Russia sembra abbia avuto l’accortezza di farsi tutelare le basi presenti nei territori di Damasco – continua Meloni – Gli israeliani però stanno continuando a bombardare le basi siriane, in particolare quelle dove si pensa fossero custodite delle armi chimiche. Vediamo poi la Turchia che tenta di riproporre quell’ideologia di pan-ottomanesimo moderno per riallargare i propri confini. Tutto si complica soprattutto se pensiamo proprio alla Turchia, che è Paese Nato, che si ritrova coinvolta direttamente in ciò che è accaduto. Saranno degli anni molto complicati, senza considerare il fatto che alcuni Paesi europei hanno già annunciato che non non rilasceranno più visti d’asilo ai siriani visto lo stravolgimento politico nel Paese. Anche questo non è un fatto positivo perché in realtà stiamo parlando di una nazione estremamente fragile che avrà bisogno di grandi aiuti. Si dovrà capire però su quale base si farà e con chi si dovrà dialogare”.

Matteo Cardia

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